Capri by Lea Vergine

Capri by Lea Vergine

autore:Lea Vergine [Vergine, Lea]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2018-06-17T22:00:00+00:00


Futuristi a Capri

di Sergio Lambiase

L’occupazione futurista dell’Isola avviene nel 1922, grazie al Convegno del Paesaggio, organizzato da Edwin Cerio, in quell’anno sindaco di Capri.* «La prima manifestazione solenne della italianità di Capri» non può non trovare consenziente Marinetti, sollecitando il suo chauvinisme un po’ protervo ed esagitato, come la sua spericolatezza estetica, portata ad aderire anche a una battaglia, come quella di Cerio, volta più alla conservazione dell’esistente (il paesaggio di Capri, la sua architettura «spontanea») che alla sua «ricostruzione» in nome dell’idea di progresso.

L’ambizione del convegno è quella di chiamare a raccolta tutta la cultura italiana che conti (il futurismo è visto da Cerio, in questa circostanza sotto la specie dell’ufficialità, non certo dell’eccentricità e dell’eversione), perché si faccia un solennissimo giuramento di fedeltà alla causa dell’Isola, minacciata dalla voracità degli speculatori e dal «bocconismo» di chi pretende di trasformarla in un «Eden di pescecani». Il programma estetico, consapevolmente generico nelle sue determinazioni, è fatto per consentire il più vasto arco di adesioni, importando a Cerio, per il momento, che, futuristi o «passatisti» che siano i partecipanti al convegno, ci si accordi almeno su di un punto: l’improrogabilità di una tutela dell’Isola, in accordo con la Legge Rosadi che disciplinava l’uso del territorio cercando di garantirne la storicità.

Marinetti non è l’unico rappresentante «ufficiale» del futurismo a Capri. Vi sono Prampolini, Cangiullo, Virgilio Marchi, Gilbert Clavel (invero un compagno di cordata, che si era avvicinato ad alcune suggestioni del futurismo, per il tramite di Depero). Quanto a Italo Tavolato, relatore al convegno di un Manifesto della bellezza di Capri, può ormai annoverarsi tra i transfughi del futurismo e, almeno sul piano delle polemiche ideologiche, un nemico acerrimo delle «funambolerie» marinettiane. Ora l’intervento di Marinetti,* volutamente generico nelle conclusioni, anche attraverso l’uso calcolato di clausole retoriche, è un piccolo capolavoro di ambiguità e di reticenza, che tradisce l’incertezza della sua adesione alle ragioni di Cerio e ai problemi di «conservazione» o di ricalco architettonico (il fascino delle «lamie» di lapilli e di calce) che il tema stesso del convegno suggeriva. L’ouverture è giocata sul tema della luna «passatista» (e Marinetti farà l’elogio delle lampade artificiali della sala!), con qualche sviolinata sul tema del paesaggio («Noi abbiamo sotto di noi, intorno a noi il paesaggio, che ai passatisti cronici, ai nostalgici ammalati di torcicollo passatista suggerisce idee malinconiche, flebili, piangenti: a me Capri dà della vita, della forza, dell’ottimismo, e la luce della luna, anch’essa, non può assolutamente vincere questo forte ottimismo di vita nuova e di creazione»), a cui fa seguito un patriottico paragone tra le rocce di Capri e le pietraie del Carso che il generale Armando Diaz, presente in prima fila come garante del convegno e come vecchio innamorato dell’Isola, ascolta con stupefatto consentimento («Quando vi dico che queste rocce rassomigliano a quelle del Carso, io le definisco come tipiche rocce italiane, ribelli, tumultuose, liriche, violente, guerresche rivoluzionarie, come la nostra anima, come la nostra arte presente, passata, futura e futurista!»). A questo punto Marinetti non scioglie il dilemma che la sua partecipazione al convegno, ma soprattutto la sua ideologia modernista pongono.



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